Motivazioni: gli atteggiamenti sconcertanti

«Prima di esaminare gli elementi di rilievo emersi nella lunga istruttoria che ha caratterizzato il processo celebratosi dinanzi a questa Corte, è doverosa una premessa di carattere generale. L’istruttoria è stata caratterizzata da un andamento, più o meno costante, improntato, da parte delle difese e segnatamente dalla difesa Corini, ad una ipertrofia istruttoria peraltro realizzatasi, il più delle volte, mediante l’adozione di toni non sempre consoni alle regole di economia processuale che devono essere propri di ogni dibattimento, pur nel rispetto delle prerogative che ogni parte processuale deve poter esercitare in nome dei propri diritti e doveri connessi alla specifica funzione svolta.

Si noterà, leggendo le trascrizioni della maggior parte delle deposizioni rese da testi e consulenti, come il più delle volte, a fronte di un esame condotto dalla pubblica accusa in termini di “utilità” ed “essenzialità” a fini di prova, sia sovente seguito un controesame inutilmente gravoso per il processo ed infarcito, da parte del soggetto interrogante, di commenti (anche sottovoce), premesse, richiami a fatti e circostanze assolutamente inconferenti e domande a tratti nocive per la genuinità delle risposte che, nella loro frequente verificazione, hanno reso sovente il dibattimento di difficile conduzione e, soprattutto, hanno determinato un gigantismo istruttorio non sempre utile per comprendere gli snodi essenziali dei fatti contestati sui quali l’attività probatoria si sarebbe dovuta incentrare in modo conciso e analitico, come si conviene in ossequio ai principi di economia e concentrazione del processo. Leggendo le trascrizioni si noterà altresì come a ben poco siano serviti gli altrettanto frequenti richiami verbali di chi questa Corte ha presieduto, se non a ricondurre per pochi istanti ad un andamento più regolare il processo, segnatamente nella fase del controesame condotto sulla maggior parte dei testi e dei consulenti del Pubblico Ministero. La premessa, doverosa per meglio indirizzare chi si confronterà con la lettura dei verbali di trascrizione e con la corposa attività istruttoria svoltasi complessivamente in più di 80 udienze, è utile per prendere adeguata contezza del tipo di approccio utilizzato per giungere alla decisione cui questa Corte alla fine è pervenuta e per trattare gli argomenti essenziali ai fini della decisione assunta; (…).
Concludendo la premessa, questa Corte in ultimo non può non censurare, altresì, le affermazioni offensive a più riprese esternate in discussione dalla difesa Corini sulle indagini compiute dal Pubblico Ministero, definite “penose” e “vergognose” e sui consulenti dell’accusa, definiti, tra l’altro, come un “Sinedrio di Soloni” (si precisa al riguardo che anche le discussioni delle parti sono state oggetto di registrazione).»

Questo è quanto si legge a pagina 3 delle motivazioni della sentenza emessa il 17 giugno 2021.
In questa premessa emerge chiaramente un fatto sconcertante: una valutazione (etica?) sull’operato delle difese, “segnatamente dalla difesa Corini”, che vengono considerate un elemento di irritante disturbo nei confronti della Corte.
Le domande della difesa vengono considerate, ARBITRARIAMENTE, “nocive per la genuinità della risposta”.
Ovviamente chi ha scritto queste motivazioni si riferisce alle risposte dei testimoni dell’accusa, i cui profili verranno pubblicati molto presto su queste pagine.
Questi poveri testimoni, che in alcuni casi si sono contraddetti 5 volte o in altri hanno fornito versioni imbarazzanti dei fatti, non dovevano essere incalzati dalla difesa. Guai a chi tocca i testimoni dell’accusa e guai a chi si permette di sollecitare spiegazioni esaurienti.
Queste ingenue, inermi vittime delle insopportabili domande della difesa, sono state inutilmente soccorse dalla Corte ma purtroppo per loro e per la Corte stessa, “a ben poco sono serviti gli altrettanto frequenti richiami verbali di chi quella Corte ha presieduto”.
Il caro Pubblico Ministero, lui sì che ha saputo condurre il processo “in termini di “utilità” ed “essenzialità a fini di prova”, non come questi insopportabili avvocati difensori che hanno determinato “gigantismo istruttorio” e “difficile conduzione”.
In queste righe è in parte riassunto l’atteggiamento che ha condizionato tutto il processo. Un atteggiamento improntato sul fastidio nei confronti della realtà, della verità e dello stesso diritto di Marzia di dimostrare la sua totale innocenza grazie al lavoro, svolto impeccabilmente, dei suoi difensori. Un’insofferenza manifestata in molte fasi dei dibattimenti e qui confermata da una premessa che a chiunque suona molto come un tentativo goffo di mettere le mani avanti.
È come se un arbitro che, dopo aver dato un rigore inesistente, accusasse un allenatore di aver scelto la tattica sbagliata e di averlo per questo irritato.
Un arbitro che gioca anche la partita non è un buon segno per i cittadini e ci spaventa che questo comportamento possa influenzare l’andamento di un processo fino a ledere gli strumenti di garanzia di una persona, a cominciare dal diritto di difendersi.
Come non temere che questo scenario possa influenzare e soffocare anche la giuria popolare, composta, com’è noto, da persone che poco hanno a che fare con i codici e le procedure?
Se infine questa premessa volesse stabilire una qualche superiorità etica allora ci sarà davvero da ridere, quando usciranno fuori gli intrecci torbidi e le manovre sotterranee che sono state messe in atto dietro e intorno a questa vicenda.
Ma sarà un riso penoso e funesto, perché ci si renderà conto di quanto possiamo essere indifesi di fronte all’ingiustizia.

Quello della premessa è il primo capitolo di quanto scriveremo su queste motivazioni.
Forse è quello che descrive l’aspetto meno vergognoso di quanto è stato scritto.
Ma non per questo è il meno grave.

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Barbara
Barbara
2 anni fa

Più ci si addentra più si inorridisce…

Fulgenzia
Fulgenzia
2 anni fa

“…è doverosa una premessa di carattere generale…” suona come una giustificazione. Peccato che non esista giustificazione all’ingiustizia assoluta nei confronti di Marzia che non ha commesso ciò di cui è accusata . Chi ha scritto questa premessa , chi ha dato in pasto le motivazioni della sentenza ai “ suoi “ gazzettieri,solo una cosa dovrebbe fare : vergognarsi . Non dobbiamo cedere di fronte a questa enorme ingiustizia non solo perché stimiamo e vogliamo bene a Marzia ma perché bisogna temere e tremare di fronte a tali nefandezze giudiziarie .

Susanna Cacciatori
Susanna Cacciatori
2 anni fa

Ho letto molte pagine della sentenza in questi giorni, e mi sento in dovere di commentare, anche perché ho visto Marco tutti i giorni della sua ultima settimana di vita. 

Ho letto che i consulenti dell’accusa descrivono Marco a Settembre come un malato in ripresa, non a rischio di morte a breve. Lo descrivono “ in bolla” e in “condizioni discrete”. 

Perché sono andata da lui tutti i giorni dell’ultima settimana ?Perché le notizie che avevo da Isabò erano che stava bene, ma Lunedi 21 settembre mi sono presentata su richiesta di Isabò. Il giorno precedente, Domenica 20 settembre Isabò mi chiese di andare da loro per “ fatti allarmanti” che non riguardavano però la salute di Marco. 

Quando arrivai a casa da Marco mi trovai di fronte a una persona ( Marco) completamente irriconoscibile. Era gonfio, allettato, respirava solo con l’ossigeno, per alzarsi dal letto doveva essere preso di peso e accompagnato in bagno, per fare solo pochi metri. Il letto era in salone. 

I piedi erano enormi, era lucido ma parlava a stento. 

I “ fatti allarmanti “ di Isabò, come mi ha detto qualche giorno dopo, erano la paura nel vedere il legame che univa Marco a sua sorella e mi fece capire che la sua paura era che Marco potesse dare qualche oggetto di valore, a Marzia. 

Solo in quel momento ho realizzato che tutte le volte che lei mi tranquillizzava sullo stato di salute di Marco era solo per non farmelo incontrare. Lei teneva lontani tutti. 

E’ stato in quel momento, quando ho visto Marco , solo in quel momento ho avuto la certezza che Isabò era in quella casa solo ad aspettare golosamente la morte di Marco. Era lì solo per interesse. 

Ho capito che Marco sarebbe morto di lì a qualche giorno, per quello da quel giorno sono andata da lui quotidianamente. 

Ma di chi parlano questi consulenti dell’accusa? di Marco? Quel Marco che ho visto io in quei giorni? No. Non è possibile. E’ vergognoso che venga descritto così nella sentenza. 

Tutta questa storia è vergognosa, perché io l’ho vissuta e non c’è un solo punto che combaci con la realtà dei fatti. 

Spero che chiunque abbia visto Marco o Marzia in quei giorni, scriva di quello che ha visto. Solo la verità. Perché venga fatta giustizia in questa vicenda.

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