Orizzonti 3

ORIZZONTI3)
Esiste un processo interiore all’interno di un processo penale come quello che sto vivendo io.
E’ l’elaborazione del dolore, della frustrazione, della rabbia e di migliaia di altre sensazioni . Il comprendere come conviverci, quelle poche volte che ciò è possibile. Senza lasciarsi sopraffare. Senza annaspare tra i ricordi, sperando di aprire gli occhi e capire che è una notte come tante, abitata da un incubo.
Ma non è una notte come tante, è la vita vera, che si sta sprecando, consumando, anno dopo anno.
La cosa più complicata è restare sospesa in questo limbo , senza cadere a terra in mille pezzi.
Tenermi unita, restando fedele a me stessa. Ripetermi continuamente chi sono davvero. Perché ogni cosa è cambiata, sovvertita , distrutta. Ogni cosa della vita che avevo costruito con fatica e tempo.
Ora né la vita né il tempo mi appartengono più.
Mi guardo allo specchio e vedo la stessa persona di tre anni fa. Solamente con gli occhi più tristi , altrove . Perché so che niente è più lo stesso.
Ora le mie giornate sono scandite dalle udienze, stanze che non mi appartengono sommerse di fogli, il tempo è un nemico lento che devo zaffare con stracci posticci.
La memoria è dolorosa ma inarrestabile .
Devo leggere e rileggere ciò che vorrei dimenticare. I singoli secondi della sofferenza della morte di mio fratello, scandiscono come un metronomo rotto i miei giorni. Questi giorni che avanzano lenti verso l’udienza che porterà su quel tavolaccio lordo e immondo la sua morte.
Mia madre è morta da tre mesi. Nei suoi occhi la paura di quello che sarebbe potuto accadermi se la vita fosse diventata una mera stortura della verità.
I suoi soli momenti di lucidità erano questi. Il resto era una via di fuga, una uscita di emergenza dal dolore che la strangolava . Aveva rimesso i pezzi a posto. Come se la vita fosse un puzzle.
Mio fratello e mio padre ancora vivi ed io al mio lavoro di Pisa.
La sua serenità passava dalla negazione, ed io con gli occhi pieni di lacrime, la rassicuravo. Marco era a pescare in Francia e mio padre sarebbe rientrato dagli Stati Uniti a breve. Tutto com’era in un’altra vita.
Costa davvero così tanto tenere la mano del proprio fratello mentre scavalca l’orizzonte della vita ?
Ora sono andati via tutti. Non lo avevo mai messo in conto di sopravvivergli. Non credo alcun odio aspirerebbe a tanto.
Accusata di avere ucciso. Accusata quindi di avere odiato.
Io ero distante, lontanissima, irraggiungibile, diversa e non ho mai odiato.
L’odio è un sentimento serio. L’odio è atrocemente maestoso, accecante. Non si veste di silenzio.
Potrei plasmare il dolore come fosse creta. E’ così profondo da essere a me sconosciuto, inesplorato. Come nuotassi rasentando con il corpo la profondità dell’oceano.
Ho passato le mie ultime giornate scandendo ogni secondo della morte di Marco, a che ora la sua telefonata senza respiro, quanto ho impiegato a vestirmi, come avanzava la sua morte, quanto è durata la sua agonia. Come fossi stata accanto a lui in un gioco a tempo.
Quale sarebbe stato il premio se fosse morto più tardi , o forse prima ?
La sua sofferenza sarebbe stata meno orrenda ?
La morte si scrive in minuti su quei fogli anonimi.
Ho sbagliato a non guardare l’orologio mentre lui moriva? E’ questa la mia colpa?

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